Si fa presto a dire riforma della giustizia sportiva. Più o meno come a essere condannati senza che le parole di un pentito trovino concreti e oggettivi riscontri. La condanna del Napoli ha riattualizzato un tema di cui, su Tuttosport, discutiamo da tempo. Il rischio, in questi casi, è far diventare territorio di una guerra tifosa, quella che è invece una materia fondamentale per il futuro e la credibilità del calcio (e dello sport). Si è arrivati al punto in cui una condanna, per quanto ingiusta, scatena battaglie iconoclaste e si arriva a ipotizzare il radimento al suolo del sistema, l'azzeramento dei codici, la riscrittura di tutte le regole. Esagerato.
La giustizia sportiva italiana non è da radere al suolo. E i suoi codici non sono da riscrivere completamento. Sarebbe sbagliato e oltre a essere un programma impossibile da realizzare in un Paese così impermeabile alle riforme come il nostro, rischierebbe di essere controproducente. C'è qualcosa da salvare nell'attuale giustizia sportiva. E qualcosa da cambiare, riassumibile in quattro semplici punti.
1) La responsabilità oggettiva è un concetto troppo esteso nella giustizia sportiva e andrebbe riarmonizzato con il diritto ordinario, dove le responsabilità delle società sono molto più logicamente circoscritte. Se la peculiarità dello sport amplia gli aspetti etici, non si può pensare che i club possano esercitare un controllo così totalizzante sui tesserati.
2) L'omessa denuncia è un concetto troppo astratto per essere oggetto di squalifiche e penalizzazioni così importanti (ed è una figura inesistente altrove). L'omertà va semmai combattutta a livello culturale e non attraverso il deterrente di una pena, soprattutto se questa viene comminata sulla base di un inquientante "non poteva non sapere". A questa stregua chiunque può essere stangato senza prove. E si ricordi cosa ha detto in proposito il saggio ct Cesare Prandelli ("Quante volte mi sarà capitato di sfiorare l'omessa denuncia in 20 di calcio...").
3) Lo standard probatorio deve essere innalzato. La "specificità dello sport" non può diventare il fondamento sul quale costruire spericolati castelli accusatori. In un calcio che muove centinaia di milioni di euro e appassiona milioni di persone, i processi devono essere solidi e credibili. Il principio fondamentale della "condanna ogni oltre ragionevole dubbio" deve essere la base sulla quale codificare in modo preciso un più rigoroso standard probatorio, nel quale - per altro - regolamentare in modo preciso l'utilizzo dei pentiti.
4) La scelta dei giudici deve garantire maggiore terzietà. Un meccanismo nel quale le Federazioni nominano i loro giudici viola il fondamento democratico della divisione dei poteri. Ora, senza voler complicare troppo il meccanismo, sarebbe necessario che la scelta fosse almeno parzialmente sottratta alle Federazioni e la figura del giudice sportivo godesse di maggiore indipendenza. Spesso, nell'ultimo periodo, si sono criticate le regole, ma il problema era anche nel chi le ha applicate male. Magari per non scontentare troppo il suo committente principale che era parte in causa.
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