Giorgio Perinetti, lei conosce Antonio Conte da una quindicina d’anni. La sorprende il fatto di leggere della «maniacalità» del tecnico della Juventus, degli allenamenti massacranti a Vinovo, di Leonardo Bonucci che scherzando dice basta al suo allenatore, «altrimenti ci fai morire»?
«Non è maniacalità, ma professionalità assoluta. O perlomeno lui è maniacale, ma nella volontà di aggiornarsi senza sosta. Non è facile riuscire a inculcare, anche nei giocatori di qualità, l’importanza di allenarsi sempre ad alta intensità fisica. Nessuno, del resto, muore di lavoro e Conte l’ha dimostrato. È un programmatore eccezionale: ama personalizzare le sedute dei singoli».

L’estrema professionalità di Conte, peraltro, è molto ben ripagata dai risultati.
«Certo. Sbaglia chi parla semplicemente di pignoleria. Il tecnico vuole solo mettere i giocatori nella condizione ideale in vista della partita sul campo».

Dal centrocampo alla panchina, dal Siena alla Juve: com’è cambiato Conte?
«Antonio è sempre stato un allenatore ambizioso, desideroso di arrivare il più in alto possibile. E questa sua voglia viene trasmessa quotidianamente ai calciatori. Perché soprattutto in un ambiente come quello juventino, conta solo il risultato. E lui cerca di far capire ai suoi giocatori che occorre prepararsi al meglio per non smettere mai di vincere. In questo è sempre stato un predestinato».

Potrà davvero diventare il Ferguson juventino, nel senso che vorrà avere potere anche sul mercato?
«Lui ha molto rispetto dei ruoli, non è un prevaricatore. Certo, gli fa piacere essere coinvolto sugli aspetti tecnici, relativi al mercato, alle strategie da condividere col club. Non rivendica un ruolo alla Ferguson, però gli piace parlare di situazioni di mercato».

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