Il Gladiatore silenzioso del lago d’oro, Valerio in 19 giorni ha nuotato 70 km e conquistato 4 medaglie

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cusefibra
view post Posted on 8/8/2010, 10:08     +1   -1




Ha tre amori: le passeggiate sui monti, il mare, le lasagne di mamma Rita. E quel poster su Ponte Milvio



GLI altri le mangiano, le medaglie. Con occhi luccicanti e denti in bella mostra.

Sorridenti e goduti, insomma. Lui no. Valerio Cleri resta impassibile davanti agli obiettivi, così come ai microfoni. Con la stessa faccia appena segnata da una barba trascurata con la quale tocca per primo lo striscione al traguardo della 25 km europea, la maratona del nuoto di fondo, dopo 5 ore 16 minuti 38 secondi e 3 centesimi di bracciate.

Questione di timidezza, forse.

Consapevolezza, sicuramente.

I TRIONFI Perché Valerio Cleri da Palestrina è un gladiatore silenzioso come i romani prelevati dai Colli per combattere i leoni e loro stessi nell’arena del Colosseo.

D’altronde come persona si definisce «introverso, uno che s’arrovella e ha bisogno dei suoi momenti di solitudine».

Momenti che va a cercare in montagna, camminando a lungo, ma soprattutto al mare (il suo elemento preferito), nei laghi e nelle piscine che ormai padroneggia da quattro anni. Sette medaglie dall’argento iridato di specialità a Napoli 2006 e tutte pregiate: 4 d’oro e 3 d’argento. Quattro soltanto in questo magico 2010, anzi in questa magica estate 2010: 2 ori e 2 argenti in 19 giorni (e 70 km) tra i Mondiali di Roberval, in Canada, e questi Europei di Budapest, scambiandosi i piazzamenti tra 10 e 25 km. Maratona, quest’ultima, che rappresenta il suo pane quotidiano. Un po’ perché rappresenta più o meno la distanza percorsa ogni santo giorno in allenamento. Tanto perché in competizioni internazionali ne ha disputate soltanto quattro e da due anni appena, vincendone tre (Europei di Dubrovnik 2008, Mondiali di Roma 2009 ed Europei di Budapest 2010) e conquistando l’argento nell’altra (Mondiali di specialità 2010). Segno di uno strapotere che non trova riscontro nelle sue parole, sempre misurate.

LA SVOLTA Anche la scorsa estate ad Ostia, quando gli negarono una sacrosanta medaglia di bronzo nella 10 km iridata riammettendo lo statunitense Crippen squalificato perché aveva tagliato il percorso all’arrivo, non alzò la voce. «Mi rifarò nella 25 km» disse. E così fece, vincendola tra le onde.

Perché per Valerio non è questione di tempo o lunghezza. «400 metri o 25 km non cambia molto, il tempo è relativo» ama dire. E se gli chiedete di descriversi come atleta (nuotatore), risponde: «Grintoso, pignolo e impulsivo». Quell’impulsività che all’inizio lo portava ad attaccare e fare il ritmo.

Troppo generoso, vittima sacrificale delle tattiche altrui. Come a Pechino 2008, la prima Olimpiade chiusa con un quarto posto che avrebbe ammazzato un cavallo. Non lui. Valerio quei giorni cinesi li ricorda «con piacere, perché mi hanno insegnato ad essere consapevole dei miei mezzi e di contare soltanto sulle mie forze». Quello che da allora ha fatto. Salendo sempre sul podio. Sempre.

I RIFLETTORI Ma non cambiando, rimanendo imbarazzato davanti ai riflettori. Non certo tra quelli che si lamentano di essere protagonisti di uno sport minore. «Veramente per i miei gusti si parla già troppo di noi» ha ripetuto in questi giorni. Come un anno fa ai Mondiali di casa, quando andando al Foro Italico dopo le sue gare ad Ostia, si guardava un po’ sorpreso sui maxi poster degli azzurri che campeggiavano sul Ponte Milvio. «Ho pure la panzetta, potevano evitare». Altro che lucchetti dell’amore... Ma Valerio è così. Non triste, ma sicuramente solitario e final, per parafrasare il centravanti del grande Osvaldo Soriano.

Però c’è una cosa davanti alla quale sorride di gusto: le lasagne di mamma Rita.


tuttosport
 
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