Juve, la vera favorita per l'Europa League
Ancora lui, ancora con una punizione. Maledetta? Maledettissima. Stavolta, però, non disegnata con il goniometro ma cacciata in rete con violenza inaudita, cento e passa all’ora, là nell’angolino alto, là dove Neto non ci sarebbe mai arrivato nemmeno se avesse avuto una parentela stretta con Batman. La Juventus ha vinto così, pressappoco come aveva vinto domenica sera a Marassi, non in scioltezza ma di rabbia, di forza, di mestiere: il mestiere sublime di Andrea Pirlo. Non ci fosse stato lui, il metronomo bianconero, chissà in che modo sarebbe finita la disfida di Firenze, se sarebbero passati i viola ai quarti di Europa League. Forse no, forse anche senza l’ennesima magia di Pirlo avrebbe avuto ragione la squadra di Conte che, diversamente dal solito, è partita piano e finita fortissimo, agevolata pure dalla superiorità numerica per l’espulsione sacrosanta di Gonzalo Rodriguez, proprio in occasione della rete-qualificazione, un giallo che si è sommato a un altro giallo. Implacabile l’inglese Webb. Implacabile e perfetto. A un certo punto, la superiorità è diventata talmente netta che il risultato avrebbe potuto assumere dimensioni diverse, più rotonde: ricordiamo un gol divorato da Vidal (minuto 45, incredibile, sull’assist al bacio di Osvaldo) che se n’era mangiato uno altrettanto grande alla mezz’ora, imbeccato da Lichtsteiner, e una conclusione dello svizzero neutralizzata dal portiere toscano. Troppa grazia.
LOGORIO - Ha ragione Conte nel mettere in evidenza il fatto che la casa della Juventus debba essere la Champions e non l’Europa League, però in attesa della redenzione conviene approfittarne. E andare avanti. Oggi a Nyon il sorteggio stabilirà il prossimo avversario dei bianconeri, ai quali va dato atto di possedere una straordinaria resistenza al logorio del successo, un qualcosa davvero di encomiabile. La strada che conduce alla finale dello Stadium è ancora lunga, ma aver scollinato l’ostacolo viola è tanta roba, persino sotto il profilo strettamente psicologico: a scorrere la lista delle otto superstiti, alla Juventus vanno attribuiti i favori del pronostico. E’ fuori di dubbio, comunque, che la stanchezza affiori e che le ristrettezze di organico, ingigantite da un numero considerevole di infortunati, incidano nelle scelte e nelle strategie di gioco. Aver atteso la ripresa per pigiare sull’acceleratore non è stata un’idea campata in aria: non potendo rabboccare la benzina, bisogna azionare l’economy power e non sgasare troppo. O sgasare al momento giusto. Conte sapeva che, una volta aggredita nella sua trequarti, la Fiorentina sarebbe andata in difficoltà: cosa che è puntualmente avvenuta. Calma e gesso, malgrado un po’ di apprensione ci sia stata perché il clima non era da passeggiata di salute.
INEDITO - La Fiorentina non è forte come e quanto la Juventus, però ieri si è un po’ buttata via tenuto conto del bonus che aveva a disposizione, cioè l’1-1 dell’andata. Nel primo tempo ha sciupato un paio di occasioni (in particolare con Ilicic), non ne ha concretizzate un paio di altre (diagonali di Gomez al 3’ e di Pizarro al 28’) e ha banalizzato una punizione dal limite con Borja Valero: ecco la differenza, Pirlo ha sfondato la porta, lo spagnolo ha servito un pallone molliccio tra le braccia di Buffon. Cuadrado terzino destro, sulla linea di Tomovic, Borja Valero rifinitore alle spalle di Gomez e Ilicic, sono state le due sorprese di Montella per incartare la Juventus e la qualificazione. Conte no, Conte non ha voluto e potuto preparare niente di inedito con la squadra che gli è rimasta: è già tanta roba che in attacco si siano ripresentati Llorente e Tevez insieme. Riteniamo che Cuadrado terzino non abbia giovato alle dinamiche viola, così come Borja Valero alle spalle delle punte non ha reso per ciò che tutti si aspettavano. Quando Pizarro, che si muove a ritmi lenti ma ha sale in zucca, è stato costretto a uscire, sostituito da Ambrosini, la Fiorentina ha smarrito molte delle sue geometrie.
L’APACHE - Ormai la moda è aspettare la Juventus con undici uomini dietro la palla, costringerla al lancio dalle retrovie, oppure obbligare i difensori a portare il pallone per poi capacitarsi che gli spazi sono intasati. Non a caso, per tutto il primo tempo la manovra bianconera non è mai stata né armonica né avvolgente, solo legata all’iniziativa personale di Tevez e Pogba, i due più pericolosi della banda Conte. L’Apache, anche senza segnare, è stato ancora una volta decisivo: ci sono situazioni in cui vale mezza squadra e situazioni in cui vale l’altra metà. Un acquisto straordinario, un giocatore totale. Nella ripresa, come dicevamo, la musica è cambiata, la Juventus ha sfruttato più le fasce, sono saliti di tono Vidal e Pirlo, ha fatto (bene) la boa Llorente, ha smazzato benissimo in difesa Caceres, mentre Gomez si afflosciava, Ilicic pure, Vargas non sapeva pungere e Pirlo lanciava quello scaldabagno contro la porta di Neto, cencellando i sogni viola, domiciliando la Juventus a Nyon, per il sorteggio, eccetera eccetera. La cronaca che è diventata storia.
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