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| Pierluigi Pardo:Dunque, se i razzisti sono i tifosi o gli ultrà scattano subito (sia ben chiaro, giustissimi) sdegno e squalifiche. Ci sono tessere e schedature. Se invece un candidato presidente dice frasi sfigate, prima ancora che razziste, se parla come un uomo dell'Ottocento, il Palazzo, salvo rare eccezioni, sta zitto e si chiude a riccio. Fortunatamente esistono i Social Network che in queste ore rompono il silenzio e diventano piazza, luogo di discussione e confronto, stimolando giornali e tv. Riportando tutti alle proprie responsabilità, non solo i tifosi (quelli che quando sbagliano, pagano sempre). Qualcuno dirà: "è soltanto una battuta sbagliata". Però, in America, Shelly Sterling, è stato squalificato a vita e ha dovuto vendere i Clippers per una frase razzista. Perché chi pensa questo non può avere un ruolo pubblico. Soprattutto in un momento come questo. Il calcio italiano è a pezzi. La priorità assoluta adesso è cercare con ogni forza una pace possibile dopo la morte di Ciro Esposito, seguendo l'esempio strepitoso e civilissimo che ci ha dato sua madre, Antonella Leardi. Il secondo tema è tecnico: serve un CT carismatico (e invece Tavecchio vuole seconde linee federali) e una rivoluzione culturale fin dai settori giovanili. Oggi serve il cambiamento, non la continuità. Il tema non è per forza generazionale. Conosco settantenni lucidi, coraggiosi e giovanissimi di spirito e idee. Ma nessuno di loro al momento è candidato alla presidenza della Federcalcio.
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