| Referendum, oltre un milione di firme: "E' un miracolo popolare"
ROMA - E' "un miracolo popolare": il comitato referendario consegna oggi alle 12 in Cassazione 1.210.466 firme, raccolte in soli due mesi e sistemate in 200 scatoloni, per chiedere l'abrogazione del porcellum. Quota ben oltre le 500mila richieste e ben oltre le 700mila considerate la soglia di sicurezza, al netto delle possibili contestazioni in Cassazione. Il presidente del comitato, Andrea Morrone, nel corso di una conferenza stampa alla Camera, esulta, ma ricorda che è "solo l'inizio". Il via libera della Cassazione arriverà entro il 10 dicembre, poi ci sarà il passaggio alla Corte costituzionale, che valuterà l'ammissibilità senza poter far riferimento a precedenti referendum sulla legge elettorale, quindi sarà il momento della campagna referendaria e il voto si terrà la prossima primavera, tra il 15 aprile e il 15 giugno, sempre che le camere non vengano sciolte anticipatamente. Marrone spiega che questo, quanto a firme raccolte, è "il secondo risultato in assoluto nella storia del referendum". Ringrazia il "gruppo unito" delle forze del comitato e ricorda che "il 10 per cento delle firme è dovuto al contributo dei comuni". Anche Arturo Parisi non nasconde il proprio entusiasmo ed esalta "il lavoro corale" - di Pd, Idv, Sel, Partito liberale, Popolari (ex asinello) e Rete referendaria di Segni - parlando di firme sottoscritte dai cittadini "con rabbia e indignazione", ma anche di "speranza" per il futuro. Nessuno ormai "difende più il porcellum", continua l'ex ministro, quindi il prossimo Parlamento non deve essere rieletto con l'attuale elegge elettorale. Infine, Antonio Di Pietro esorta la politica a cambiare la legge elettorale: l'Idv pone tre condizioni: "incandidabilità per i condannati; chi è sotto processo non può ricoprire ruoli di governo e chi fa il parlamentare deve sospendere la propria attività professionale".
La Repubblica
Referendum, la grande sfida: chi lo vuole e chi lo teme
ROMA - "Pungolo" o "grimaldello" che sia, il possibile via libera al referendum elettoriale che punta ad abolire l'ormai famigerato Porcellum per tornare al Mattarellum, apre scenari e interrogativi su quello che potrà essere il nuovo sistema elettorale italiano. E su chi ne beneficerà maggiormente. Infatti, se l’attuale Porcellum sarà abolito e si ritornerà al 'Mattarellum', gli ingranaggi della politica potrebbero rimettersi in movimento. Anche perché la legge elettorale è materiale delicatissima. Al punto che la caduta del governo Prodi arrivò proprio in occasione dei negoziati sulle nuove regole elettorali (con la conseguente rivolta dei partitini). Oggi i promotori del referendum hanno consegnato le firme in Cassazione, primo vaglio di validità, in attesa della pronuncia della Corte costituzionale. Perché è quella la spada di Damocle che incombe sull’iter referendario. La possibilità che la Consulta bocci il referendum dichiarandolo incostituzionale perché porterebbe una vacatio legis del parlamento. Nell’attesa, però, le grandi manovre sono già in atto. Partendo da due punti. Il primo: il Mattarellum non piace al Pdl, alla Lega, all’Udc e anche a una parte del Pd. Il secondo: la riforma elettorale è strettamente connessa alla precaria situazione politica. E' chiaro infatti che gli scenari che si aprono divergono a seconda della permanenza dell'attuale governo fino alla scadenza naturale della legislatura, della nascita di un nuovo esecutivo di larghe intese o di elezioni anticipate.
Schierati a spada tratta per il ritirono al Mattarellum sono l’Idv di Di Pietro, Sel di Vendola, la Rete dei referendari di Segni, il Pli, Popolari (ex asinello). La logica che si porta dietro il Mattarellum è quella delle grandi coalizioni (solo il 25% è proporzionale). Ipotesi che a Di Pietro e Vendola piace. Senza contare che i due hanno da tempo sposato l’onda lunga referendaria come nel caso dell’acqua pubblica. Più complessa la posizione del Pd che, nelle settimane scorse, ha messo sul tavolo una disciplina che ricalcherebbe il sistema ungherese: in pratica un misto di maggioritario a doppio turno, proporzionale con diritto di tribuna. Bersani, viste le divisioni interne, ha evitato di schierarsi apertamente a favore del referendum. Da una parte spiegando che “non tocca ai dirigenti di partito promuovere referendum” e ribadendo che la via maestra è quella parlamentare, dall’altra mettendo a disposizione le feste del Pd per raccogliere le firme. Non è un mistero, però, che la freddezza del segretario sia anche legata alla nettà contrarietà dell’Udc nei confronti del referendum. Del Mattarellum Casini non vuol sentire parlare anche perché un sistema che privilegi le grandi coalizioni rischierebbe di mettere l’Udc (e in neonato Terzo Polo) in una situazione di marginalità. Per questo i centristi chiedono da sempre un sistema proporzionale con ritorno alle preferenze anche se Casini, convinto che l’unica via di riforma possibile debba essere quella parlamentare, ha offerto una sponda a Bersani: “Noi siamo per il proporzionale alla tedesca ma possiamo, l’ho detto anche a Bersani, a discutere del loro disegno di legge”. Apparentemente più netta la posizione di Fli: “Se il Pdl fosse tentato da una nuova legge elettorale contro il Terzo Polo si renderebbe inevitabile un’alleanza tecnica e costituzionale con il centrosinistra e con il Pd in tutti i collegi”. Come dire: a mali estremi, estremi rimedi.
Eppoi c’è la Lega che, nei mesi scorsi, non ha chiuso le porte al ritorno al proporzionale anche perché il Mattarellum obbligherebbe il Carroccio ad allearsi, in una fase in cui il dopo Pdl senza Berlusconi è tutto da disegnare. Meglio avere le mani libere, dunque. Chi invece non ha ancora scoperto le carte è il Pdl. L’attuale legge ha permesso al centrodestra di poter godere su di una solida maggioranza parlamentare e, in passato il Cavaliere ha sempre detto che non aveva intenzione di cambiarla, ritenendolo un sistema in grado di garantire la governabilità e il bipolarismo. Adesso, però, qualcosa sembra muoversi. Non a caso il neosegretario Alfano ha tratteggiato un abbozzo di proposta articolata su due punti: stop ai parlamentari nominati, ma il bipolarismo non si discute. In pratica si tratterebbe di un'ipotesi che, pur mantenendo in vita l'attuale sistema nei suoi aspetti fondamentali, andrebbe incontro alle richieste di correzioni che sono state avanzate da più parti, a cominciare dall'esigenza di superare il sistema delle liste bloccate o comunque di consentire agli elettori di scegliere i propri rappresentanti. Un altro punto sul quale intervenire potrebbe essere il premio di maggioranza e anche su questo aspetto la proposta studiata dal Pdl prevede un intervento che pur non accogliendo la richiesta di abolizione del meccanismo tuttavia lo corregge. Ma anche in questo caso, come per il Pd, la nuova legge elettorale diventa uno strumento di dialogo con l'Udc. In particolare per chi, nel Pdl, punta ad un processo di "riunificazione del centrodestra". I centristi, per adesso, frenano: "Il Terzo polo andrà da solo alle elezioni, perché serve un'alternativa di serietà ".
Ed è a questo punto che occorre fare un passo indietro e interrogarsi su quelli che potrebbero essere gli scenari politici. A partire dal fatto che Berlusconi potrebbe far saltare il banco. Lo dice, senza mezzi termini, il presidente lombardo Roberto Formigoni: "Siccome la legge elettorale che uscirebbe dal referendum è assolutamente contraria agli interessi nostri potremmo essere portati ad andare ad elezioni nel 2012". Con il Porcellum, che tante gioie a regalato al Cavaliere. E pazienza se, a dispetto di tante promesse, gli elettori si troveranno nuovamente a "scegliere" candidati imposti dall'alto.
La Repubblica
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