La Stampa - Lo stadio della Juve apre con 29 scudetti
Se la Juve, intesa come squadra, saprà esser bella e sorprendente come la cerimonia d'apertura del nuovo stadio, finirà diritta in Champions League, come minimo. Un impasto di luci e musica, Hollywood e le arie di Puccini, coreografie di massa e acrobati, filmati d'epoca e fuochi d'artificio. Esaltazione e tristezza, trionfi e sconfitte, eroi e tragedie. Il tutto mischiato dalla K-Events e dal suo direttore creativo Marco Balich, gli stessi che avevano firmato inaugurazione e chiusura dei Giochi di Torino 2006. Prendete uno show del genere e declinatelo al pallone, anzi, alla Juve: dal warm up di ieri sera, circa un'ora e venti di spettacolo, sembrano due milioni di euro spesi bene. Sempre meglio che comprarci un terzino a giugno e rispedirlo via ad agosto.
La storia è anche questione di numeri, così da qui si inizia. La Juve li mette subito in chiaro. Fin dalla fondazione: il conto alla rovescia perché si dia inizio alle danze, attacca dai 114 anni di storia del club e finisce con i 29, ventinove, scudetti. Celebrazione anche d'orgoglio, gobbo, dirà Andrea Agnelli, presente ed emozionato anche alla prova. S'attacca con la leggenda, e una clip con tanto bianco e nero, per video e maglie. Poi giraffe tinte da zebre e oltre 400 ballerini con la gobba, come da prima presa in giro dei nemici cittadini. Saranno solo palloncini liberati in cielo. Lassù, dove volteggia l'elicottero con telecamera, per riprese dall'alto da levare il fiato. Prima di scatenare l'inferno, resta una bolla di ufficialità. Agnelli e il sindaco Fassino che tagliano il nastro, portato dall'ex miss Cristina Chiabotto, tricolore anche lei, sulle note di «A summer place». Funziona sempre il vecchio Henry Mancini.
Poi sarà solo Juve. Spunta in formato gigante ogni tipologia di Coppa vinta, mentre i protagonisti arrivano sul prato. E ancora, una clip di quei trionfi sulla canzone di Jovanotti, «Il più grande spettacolo dopo il big bang». Chissà a chi si riferisce. C'è il faccione di Sivori, Platini sdraiato sul fango, i gol di Del Piero. Vialli e Ravanelli, Di Livio e Zidane, Nedved e Torricelli, Tacconi e Buffon, Trapattoni e Lippi. E i volti di Alessio e Riccardo, ragazzi delle giovanili morti in modo assurdo a Vinovo, dicembre 2006. Mica facile raccontare la morte dentro una sera che celebra la vita, ma lo spettacolo ci riesce. Basta anche solo uno schermo nero e una data: 29 maggio 1985. La tragedia dell'Heysel, 39 morti tra i tifosi bianconeri. E basta il silenzio, una scritta fiammeggiante alla memoria e la musica di Bob Dylan: «Knockin' on Heaven's Door», Bussando alle Porte del Paradiso. Lassù, dove i bambini liberano 39 palloncini. Da brividi.
Dal tetto dello stadio era planata anche la famosa panchina di corso Re Umberto, dove il primo novembre 1897 nacque la Juve. Inizia la leggenda, poi Gianni e Umberto Agnelli, che sfilano sui megaschermi. Il resto, domani sera, saranno celate sorprese. Anche se quella vera è l'aver costruito una casa così, in un Paese così. Come dimenticare le parole dell'allora presidente di Lega, Antonio Matarrese: «Le prime volte arrivava Blanc, con queste carte e io pensavo: "Ma questi che vogliono?"». Uno stadio.
fonte: Tuttojuve